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Un Bosco Morto | Siracusa

Un Bosco Morto Siracusa

Immagini

Progetto

Stefano Boeri Architetti

Anno

2019

Luogo

Siracusa, Italia

Servizi

Concept design, progetto definitivo ed esecutivo, direzione artistica

Credits

Project:
Stefano Boeri Architetti

Socio fondatore:
Stefano Boeri

Capo progetto:
Anastasia Kucherova

Lighting Design:
Angelo Linzalata

Partner

Technical Partners: Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Innova FVG Presidente: Michele Morgante, Referente progettuale: Nicoletta Ermacora Rete Filiera Legno FVG Consorzio Boschi Carnici Presidente: Luigi Cacitti Comune di Sappada Manuel Piller Hoffer, AIBO FVG Presidente: Agostino Michielin Le aziende boschive: Cigliani Albino e Mirco Arta Terme Agostinis Luigi s.r.l. Reana del Roiale Danta Legnami e Biomasse Verzegnis Del Fabbro Maurizio Forni Avoltri F.lli De Infanti

Il progetto scenico per la tragedia le Troiane di Euripide nello scenario suggestivo del Teatro Greco di Siracusa si presenta maggiormente come un paesaggio o un ecosistema rispetto ad una presenza architettonica. La natura portata in scena, però, non è né lussureggiante né pittoresca, bensì una natura devastata e devastante, composta da una foresta di tronchi senza fronde. L’intervento che debutta sull’antica scena porta con sé il messaggio contemporaneo della tragedia, sempre chiaro e valido: tutte le guerre portano distruzione, sono inutili e spesso non presentano né veri vincitori né veri vinti, non importa quale sia l’opinione delle parti in gioco.

Il Bosco Morto ideato da Stefano Boeri Architetti porta l’idea di un antimilitarismo universale a un livello superiore, elevandosi al di sopra delle lotte tra esseri umani per concentrarsi sulla relazione, oggi spesso conflittuale, tra la specie umana e l’ambiente naturale. L’idea di progetto, infatti, nasce dalla necessità di creare, attraverso gli strumenti della cultura e del progetto, un ponte tra due tragedie distanti 2000 anni, tra due regioni distanti 1500 chilometri: il Friuli Venezia Giulia e la Sicilia.

Il Bosco Morto invade la scena e lavora in contrasto con gli alberi viventi situati nel paesaggio retrostante, in ricordo dei milioni di abeti abbattuti il 29 ottobre 2018 dalla tempesta Vaia nell’Italia del Nord-Est, nelle foreste Carniche. L’impatto economico e ambientale della violenta tormenta che ha distrutto un’area di 41.000 ettari di boschi deve ancora essere calcolato, ma le stime approssimative dimostrano che la quantità di legname, abbattuto dalle raffiche di vento più violente che questa zona abbia mai visto, sia 7 volte superiore alla quantità di materiale che tutte le segherie italiane lavorano normalmente in un anno. I tronchi degli abeti diventano protagonisti della scena mettendosi in costante dialogo sia con gli spettatori umani seduti nella cavea teatrale, sia con il pubblico di cipressi e pini marittimi situati in direzione opposta, dando medesima importanza ad entrambe le platee.  Secondo la visione della regista Muriel Mayette-Holtz, le Troiane sono tra noi con le sembianze dei rifugiati che fuggono dalla distruzione e dalle guerre nei loro paesi d’origine in cerca di un futuro migliore attraversando il Mediterraneo. Sono le vittime degli attacchi terroristici, confuse e disorientate.

L’allestimento è connotato da un impianto estremamente regolare che riprende da una parte le proporzioni perfette dei templi greci classici, richiamando dall’altra l’archetipo della colonna: tale regolarità è brutalmente compromessa dalla violenza del vento che dà vita a un sentiero di alberi abbattuti, rompendo la sacralità del “tempio” e portando sulla scena una sensazione di ansia e instabilità. 250 tronchi, alti 4, 5, 6 e, eccezionalmente, fino a 8 metri danno vita ad un bosco destinato ad essere un rifugio e una prigione sia per i protagonisti che per il coro, facendolo apparire esattamente come Troia che, sconfitta, così si mostrava alle sue vedove e ai suoi orfani. Gli attori sono anonimi, i Greci e i Troiani sono coperti con la polvere delle rovine di guerra, così come tutta la superficie della scena: sono ancora vivi ma il prologo predice una fine dolorosa sia per gli schiavi che per i padroni, dando a entrambi lo stesso aspetto di morti che camminano.

Lo spettacolo lascia comunque il pubblico con un messaggio di speranza: è infatti compito di ogni individuo decidere se la presenza umana sul pianeta debba per forza essere devastante oppure sia possibile un atteggiamento più costruttivo. Alla fine di ogni rappresentazione, i cinquanta attori protagonisti distribuiscono piccoli alberi di leccio agli spettatori che possono essere piantati in un’area specifica della periferia di Siracusa, già scelta con l’amministrazione. Vengono, così, narrate le tre vite del Bosco: il prologo, la scena e l’epilogo. La prima in ricordo dei boschi di abeti rossi delle Prealpi Carniche distrutti dalla tempesta; la seconda composta dal viaggio, dalla messa in scena dei tronchi morti e dal loro trasferimento in dono presso la Filiera del legno siciliana come materiale produttivo; la terza come simbolo di una nuova rinascita. Il gesto finale, infatti, diventa la conferma tangibile dello sforzo minimo che ognuno individuo può fare portando davvero la differenza: le 50 persone coinvolte, dopo 20 repliche, avranno piantato una foresta di 1000 alberi per la loro città. Il Bosco delle Troiane.

 

Press release