
Il sito di Ingenio pubblica un articolo di Andrea Dari che propone una riflessione sulla lettura di La città scritta (Quodlibet 2016) di Stefano Boeri, nato come tesi di dottorato e dedicato a figure chiave dell’urbanistica italiana quali Aymonino, Gregotti, Rossi, Secchi e De Carlo.
Dalla sinossi del volume:
“Il libro pubblicato si intitola “La città scritta” e riflette sul modo in cui noi architetti scriviamo sulle città o, è meglio dire “scriviamo le città”, con le nostre visioni e i nostri progetti. Si parla della “città interna” di Aldo Rossi, Vittorio Gregotti e Carlo Aymonino (gli autori dei tre libri del ’66), ma si parla anche di due altri inventori delle città di pietra e di carta che hanno svolto un ruolo importante nella mia educazione sentimentale (perché le città, come sappiamo, si amano e si odiano tra di loro con le stesse emozioni che proviamo noi): Bernardo Secchi e Giancarlo De Carlo.”
La città fisica diventa quindi un palinsesto sul quale milioni di matite anonime graffiano ogni giorno nuove righe: un barattolo lasciato sul davanzale, un’ombra che scorre sul marciapiede, una festa improvvisata nella corte condominiale. La frase architettonica – il tracciato viario, l’allineamento dei portici, il vuoto programmato di un parco – viene continuamente ripresa, pronunciata con accenti inediti, talvolta persino contraddetta.
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